E' un afoso pomeriggio di giugno, e suonano alla porta. Ad aprire va Alberto, il coinquilino gay, con addosso solamente un paio di hotpants di colore adaminico. Non fa a tempo a chiedere chi è che un poliziotto si infila nello spazio tra lo stipite e la porta e si piazza in tinello, guardandomi negli occhi.
Adesso, se dovessi riadattare la storia per il grande schermo, insisterei perché questa scena fosse girata con la tecnica del bullet time. Sì dai, quella di Matrix. In un enorme tinello ci siamo il poliziotto ed io, uno di fronte all'altro; intorno, tutti i miei coinquilini assistono impietriti alla scena. Beh, non proprio tutti, ad esempio manca il mezzo tossico, quello che spaccia, che in quel momento si trova in qualche parchetto a guadagnare a modo suo i soldi per le bollette. L'inquadratura si sposta tra di noi, e la mia voce, fuori campo, riassume i pensieri che mi attraversano la testa in quel momento:
"Vabbé dai, alla fine sono incensurato, posso patteggiare". Anche se sono consapevole dell'ammontare dei danni che ho arrecato a non vi dico chi, vertignosamente alto.
Ma il poliziotto ferma il mio treno di pensieri con una affermazione pesante come un macigno. Una affermazione, sia chiaro, non si tratta di una domanda:
"Avete un terrazzo".
Adesso è il tempo dei miei coinquilini a fermarsi, mentre io tiro un sospiro di sollievo. Sono loro a ritrovarsi sospesi di fronte al poliziotto in una scena di Matrix. Sono loro a ritrovarsi impantanati in una storia di droga per aver accettato in casa un mezzo tossico che ha scambiato il terrazzo dell'appartamento per una serra olandese. Io sotto quel punto di vista sono tranquillo e pulito, mi dispiace solo dover infamare il coinquilino assente. Ma loro no, tutti gli altri coinquilini non sono per niente puliti: basterebbe che il poliziotto aprisse i loro comodini per scoprire tutti i piccoli piaceri chimici con cui condiscono le loro esperienze sessuali. E se mi avete seguito, sapete che il poliziotto non ha bisogno di nessun mandato di perquisizione per ficcare il naso dove gli pare.
Ma il poliziotto non ha ancora finito di parlare, e aggiunge:
"Perché il vostro vicino del piano di sotto sta cercando di togliersi la vita".
Il sospiro di sollievo ora è generale, non senza sorpresa da parte del poliziotto. Comunque è Alberto che, gaiamente, dice al poliziotto "Venga, l'accompagno in terrazzo", facendogli fare il giro lungo, mentre io arrivo al terrazzo tagliando per la cucina, e faccio sparire tutte le piantine di marijuana.
Quando torno in terrazzo, trovo il poliziotto appeso al parapetto, ciondolante nel vuoto a 15 metri dal suolo, con gli altri coinquilini che lo osservano stancamente, probabimente sperando che questo scivoli e precipiti, in modo da avere un aneddoto interessante da raccontare vita natural durante, mentre Alberto, sempre vestito esclusivamente con gli hotpants adaminici, continua a saltellare per il terrazzo, per venire da me e dirmi sottovoce "Wow, che figo che è!" e poi al poliziotto appeso, squillante "Vuole un caffé?". E il poliziotto è sempre più contrariato.
Se fosse un film, il poliziotto sarebbe riuscito a calarsi nel terrazzo sottostante, e avrebbe bloccato il nostro vicino appena in tempo prima che riuscisse a spararsi in faccia. Ma di eroi ce ne sono pochi, e per certo non indossano la divisa, così dopo un po' di dondolio il poliziotto torna sul nostro terrazzo dicendo "No, è troppo pericoloso... Tra un po' arriveranno i vigili del fuoco" e se ne va senza neppure accettare il caffé di Alberto, visibilmente offeso.
I vigili del fuoco non si sono mai fatti vedere, e il nostro vicino, per quanto nessuno avesse seriamente impedito il suo tentativo di suicidio, decide che dopotutto può anche lasciarsi vivere.
Quanto a noi, non abbiamo fatto molto di più che cestinare tutte le querele e le denunce che il vicino del piano di sotto ci aveva fatto arrivare nei mesi precedenti. Ah sì, ovviamente ci siamo sbarazzati del mezzo tossico, il quale, amareggiato, prima di andarsene ha fatto strisciare sotto la porta del nostro vicino potenziale suicida un messaggio in cui consigliava, nel caso dovesse riprovare a togliersi la vita, di far saltare il suo appartamento con il gas, in modo da coinvolgere anche noi.