da questo blog è stata tratta una storia vera

13.11.05

titoli di coda e luci in sala

Fischietto se ne è andato, e non ne avverto certo la mancanza. La Cagarona tiene un piede sulla porta e potrebbe andarsene in ogni momento, il che la giustifica a non pulire e ad essere disordinata, come d'altronde ha sempre fatto. E con l'uscita di scena dei suoi protagonisti, Roomhates smette di esistere: dopo un anno dalla sua nascita e una media di un nuovo post ogni tre giorni, posso ritenermi soddisfatto.
Riguardo a me, sono completamente vuoto (non a causa di Roomhates) e non ho più nulla da darvi. Sono stanco di dover fronteggiare sempre la stessa domanda a cui non so rispondere, ma soprattutto sono stanco di aspettare qualcuno che mi dimostri che, se non ho ancora trovato la risposta, forse è la domanda ad essere sbagliata.
Ma non posso far altro che continuare ad aspettare.
Nel frattempo, vorrei distrarmi viaggiando, tornando a viaggiare bulimicamente come facevo qualche tempo fa, in compagnia di persone che mi conoscono poco e che non hanno alcun interesse a conoscermi meglio: terrò le conversazioni sulla superficie, continuerò a sorridere e mi ripeterò che tutto va bene.

12.11.05

leopardi era un ottimista

Quando, ne Il Sabato del Villaggio, Leopardi descrive i preparativi per la festa della domenica, vuole parlarci non dell'evento, ma della emozioni vissute nell'attesa del realizzarsi dell'evento stesso.
Così, io ho iniziato a chiamare "Sabati nel Villaggio" quei perido di tempo tra l'incontro con una ragazza e l'iniziarci una relazione. Quei periodi fatti di timidi corteggiamenti, di reciproci studi della prossemica (un incrocio di sguardi, una mano sfiorata - e ricordatemi di parlarvi della tecnica dello specchio), di sorrisi imbarazzati e di lunghe chiacchierate nel cuore della notte. Sapete di cosa sto parlando. E se conoscete Leopardi, ma a questo punto anche se non siete mai stati attenti durante le ore di Italiano, sapete che spesso questi periodi di attesa sono più emozionanti della relazione in sé: tutte quelle speranze, tutte quelle emozioni verranno poi soffocate nella noia della routine.
E invece no. E invece Leopardi rimane un ottimista, perché non dice che la domenica, di solito, piove.
E la domenica non c'è proprio nessuna festa.

11.11.05

le regole del gioco

Ma tutte le parole che avete letto fino ad adesso non mettono giustizia sui vari modi di vivere nelle case in coinquilinaggio. Ad esempio, non ho mai trattato la figura di chi le vive in una casa in qualità di ospite. L'ospite propriamente detto è colui che essendo in viaggio o in cerca di una propria casa è costretto a cercare ospitalità nelle case altrui. Egli vive una condizione particolarmente infelice, al contrario di chi, pagando l'affitto da qualche parte, si parcheggia anche per lunghi periodi nella casa del proprio partner. Il punto è questo, ed è particolarmente semplice, per quanto appaia paradossale: se sei senza casa, anche solo momentaneamente, per quanto tu sia disperato e volenteroso nell'ovviare alla situazione, potrai contare sull'ospitalità altrui solo per pochi giorni, solitamente non più di tre. Se hai una tua casa, puoi sistemarti in casa d'altri per tutto il tempo che vuoi, nessuno avrà mai nulla da ridire.
Mi spiego: ho vissuto a casa di una mia ormai ex per qualcosa come due anni, continuando però a pagare l'affitto e le bollette di casa mia. Questo bastava, agli occhi dei coinquilini della mia ragazza, perché io non dovessi mai pulire i piatti che sporcavo o sottostare ai turni delle pulizie, essendo invece libero di guardare la loro tv o di occupare il loro bagno. Non mi è mai stato chiesto di contribuire alle bollette. Le litigate in quella casa non riguardavano mai la mia presenza. Infine, sono diventato amico di alcuni dei coinquilini della mia ragazza, mantenendo poi i rapporti come mai mi è successo con nessun mio coinquilino vero.
Ma per chi ha bisogno di un appoggio perché sta cercando casa, le cose vanno molto diversamente: dopo tre giorni i coinquilini della persona che lo sta ospitando inizieranno a parlare di lui come "quello in più", anche in sua presenza, pretendendo il massimo dell'ordine e della pulizia e arriveranno a consumarsi in complicati calcoli per fargli pagare la sua quota di consumi per i pochi giorni in cui è stato lì.
Concordo con voi, la cosa non ha alcun senso.
Apparentemente.
Si tratta invece di un comportamento assolutamente normale, per quanto inconsapevole, da parte di chi vive nelle case in coinquilinaggio, per mantenere l'equilibrio nel sistema delle case in coinquilinaggio.
Mi spiego.
Il sistema delle case in coinquilinaggio è formato da un certo numero di coinquilini, e di un certo numero di posti letto. Ora, per essere in equilibrio il sistema non richiede che chi paga l'affitto viva anche nella casa per cui lo paga. Ipotizziamo: magari il coinquilino della mia ragazza, nella cui casa in pratica vivo, sta con il mio di coinquilino, e in pratica vive lì. O magari sta a casa di uno che sta a casa di un altro che sta a casa di un altro ancora che sta a casa mia. E il sistema resta in equilibrio. Forse i coinquilini della mia ragazza sono tutti abbastanza sfigati da non avere nessun altro posto dove stare, ma in potenza un posto per loro, a casa mia, c'è. E quindi la mia presenza a casa loro è indice della potenzialità di una ragazza anche per loro. Credo abbiate capito: il sistema è in equilibrio se il numero di coinquilini e il numero di posti nelle case in coinquilinaggio coincide. Poi possiamo anche vivere tutti quanti in un bilocale e lasciare tutte le altre case vuote, che il sistema resta in equilibrio.
Ma cosa succederebbe se una persona esterna, un non-coinquilino, si intrufolasse nel sistema? Potrebbe essere il caos, l'Entropia. E allora i singoli elementi che formano il sistema lotteranno per cacciare l'estraneo, per neutralizzare il virus.

10.11.05

cliche guevara

C'era una ragione per cui io passassi tutte le mie serate dai miei vicini di casa. Era la stessa ragione che mi aveva portato ad affittare un appartamento in quello stesso condominio. Che poi era la ragione che mi aveva portato ad andare a vivere in quella determinata città e ad iscrivermi a quel corso di studi. E la ragione era, beh, già lo sapete.
Così, nel desiderio di stare vicino quanto più possibile a quella ragazza, trascorrevo lunghe serate in compagnia dei suoi coinquilini a giocare a Risiko e a discorrere di massimi sistemi, e ai metodi per soverchiarli. Era curioso vedere come buona parte delle loro "azioni di lotta contro il sistema costituito" (ibidem) andasse a vantaggio diretto di chi le metteva in atto: così il frigo di quella casa era stipato di alimenti costosi ottenuti con "l'esproprio" (ibidem) piuttosto che con il furto presso la vicina Coop; e l'uso cronico di droghe di ogni tipo "per allargare la mente" era giustificato come "necessità di aiutare la mafia nella sua lotta" contro "uno Stato dittatoriale e tirannico" (ibidem, ibidem e ancora ibidem). Fortunatamente l'ala femminista/pacifista della casa non se ne stava zitta, e ci rimproverava di passare il tempo simulando la guerra in una lotta di conquista e dominio rappresentata con mezzi fallici (parlavano di Risiko e dei carriarmatini).
Ci sarebbe molto altro da dire su quella casa, sui suoi coinquilini e sulle sue pareti ingiallite dalla nicotina e dalle lampadine da 40 watt, divertendovi o annoiandovi con tutti questi cliché. Ma la verità è che anche noi siamo usciti dalla nostra adolescenza vedendo le cose sbagliate di questa società e confezionando delle risposte relativamente semplici al problema; forse eravamo meno incoerenti e meno arditi, forse lo eravamo di più. E si spera che con il passare degli anni non siamo diventati ciechi alle ingiustizie e ancora speriamo e lottiamo per qualcosa di meglio. Adesso siamo stanchi, disillusi, viviamo con il rischio quotidiano di essere rapiti dal riflusso verso il privato e la perdita dei nostri valori, ma siamo anche più maturi, forse più saggi, e sicuro certe cazzate non ce le lasciamo più scappare di bocca. Sia chiaro, non ci vergognamo di quello che abbiamo detto, e non ritrattiamo nulla di quello che abbiamo fatto, semplicemente adesso lo diciamo e facciamo in un altro modo.
Ma se nessuno adesso può
prendersi gioco di noi o tacciarci di incoerenza per quello che abbiamo detto e fatto nei nostri vent'anni, cosa siamo stati giovani a fare?

9.11.05

legami

E' stato quando hai domandato se mi fossi mai lasciato ammanettare, a letto. Nei tre giorni precedenti mi avevi girato intorno con insistenza, facendomi capire che quella vacanza ti annoiava e che eri alla ricerca di qualcosa che non trovavi tra i tuoi amici, tra i nostri amici. Nonostante questo, il mio interesse nei tuoi confronti era fortemente limitato. Sì ti ho trovata attraente sin dal momento che ci avevano presentati, e sì era piacevole chiacchierare con te. Ma no, ancora non riuscivo a trovare in te qualcosa che ti differenziasse da tante altre.
Per rispondere alla tua domanda (perché, pensandoci adesso, non ti ho mai dato una risposta), sì, mi ero già fatto ammanettare durante il sesso. Lo avevo fatto per realizzare, entusiasta, la fantasia di una mia ex, un bel po' di tempo fa: eravamo in vacanza a Londra e lei aveva comprato un paio di manette a una bancarella. Semplici, nude e fredde manette. Ci è bastato usarle un paio di volte per capire che per noi non era altro che gioco stupido a cui avremmo presto perso interesse: non solamente per il nonsenso di alternarci i ruoli ("Sì però dopo sta a me legarti"), ma per il fatto che nel rapporto tra me e questa ex le manette non erano altro che un simulacro, una finzione di costrizione; anche le parole che ci scambiavamo prima di ammanettarci, gli accordi nel slegare l'altro appena ne avesse fatto richiesta, non erano altro che finzione: come se avessimo avuto davvero bisogno di mettere delle regole, come se non ci fidassimo ciecamente l'uno dell'altra. Un gioco. Come se non ci fosse stato già abbastanza che ci legasse l'uno all'altra.
Con te no, con te è stato qualcosa di completamente diverso: l'ho capito appena hai fatto quella domanda a bruciapelo, ed è per questo che ho accettato. Eravamo (siamo) due estranei, così ho ritenuto inutile essere rassicurato sul fatto che tu
mi avresti slegato, casomai te lo avessi chiesto, perché in alcun modo avrei potuto credere alle promesse di una sconosciuta: stavi comunque ottenendo tutta la mia fiducia nel momento che mi lasciavo legare i polsi alla testata del letto con quei lacci - manette non ne avevamo. Tutto quello che ci ha mai legato sono stati quei lacci e la fiducia che ho deciso di darti, o che tu hai deciso di assumerti.

8.11.05

riccardo speaks

Pochi anni di scarto possono fare la differenza. Nei modi in cui si decide di drogarsi, ad esempio.
Chi come me era un ragazzino alla fine degli anni '80 ha imparato a capire cos'è l'eroina: la propria compagnia si riuniva nello stesso parchetto dove i tossici si bucavano, si pugnalavano tra amici per una dose, collassavano, venivano portati via in ambulanza, non tornavano mai più. Io e i miei coetanei dalla metà degli anni '90 abbiamo sperimentato di tutto. Anfetamine. Acidi. Extacy. Speed. Funghi. Cocaina. Oppio. Micropunte. Ketamina. Ma siamo rimasti sempre, sempre lontani dall'eroina. E invece oggi vedo ragazzi poco più giovani di me, di soli cinque o sei anni più giovani, che si fanno le stagnole, ovvero fumano eroina. Loro hanno messo fuori il naso dalla casa dei loro genitori nel momento che gli ultimi tossici si facevano la loro ultima overdose, e i pochissimi che sopravvivevano alla strage degli anni '80 sono stati assorbiti dalle comunità di recupero, e hanno smesso di essere parte integrale del paesaggio urbano.
Comunque, siamo nella seconda metà degli anni '90 e vivo con una coppia con dei nomi così improbabile che sono costretto a tacerli o verrebbero facilmente riconosciuti. Lei è simpatica, vivace e solare, lui vive con il problema di essere gay ma non saperlo. Vestono entrambi abiti scargianti, anche in casa, e per scargianti posso intendere: pantaloni a sigaretta in lamé argento, camicia fuxsia con ricami porpora, anfibi gialli, cappello in feltro con piume di pavone; immaginatevi di fare una festa e gli unici a presentarsi sono il guardaroba di Prince e il guardaroba di Lenny Kravitz, e capirete con chi mi tocca fare colazione. Quella domenica, in particolare, loro non sono in casa: è domenica pomeriggio e sono andati in discoteca (esatto: !!!), mentre io sto sottoponendo la mia mente a nuovi esperimenti a base di droghe chimiche, cercando inutilmente di ricordarmi cosa sto mischiando con cosa, e in che quantità. Sto viaggiando quando vengo bruscamente riportato in contatto con la realtà (un contatto abbastanza labile e paranoide) dalla mia coinquilina che, rientrata in lacrime, mi spiega tra i singhiozzi che è scappata dalla discoteca lasciando il suo ragazzo a baciare, in mezzo alla pista, un tizio con i baffi.

6.11.05

l'arte di irritare la gente e farsi dei nemici

Stai collezionando un bel po' di numeri di telefono di standiste e modelle e sai che la cosa giusta da fare sarebbe chiamarle quando passi per la loro città durante uno dei tuoi viaggi. Perché, come il narratore di Fight Club, dovresti imparare a farti delle compagnie monodose. E quando torni a casa dovresti frequentare qualche pub e club per infilarti nel letto della prima ragazza carina che ride delle tue battute. Ma continui a ripeterti che non è questo che stai cercando: così perdi con noncuranza i biglietti con quei preziosi numeri di telefono, e quando torni dai tuoi viaggi preferisci rimanere in casa da solo.
Non sono le amicizie monodose ciò che stai cercando.
Come se tu potessi ambire ad altro.
Così finisci per avere conoscenze usa e getta: tieni in tasca i tuoi amici per poterli ritrovare ogni volta che ne hai bisogno e per finire con il buttarli via non appena perdono il loro profumo. E ogni nuova amicizia che costruisci dura meno, perché il profumo è di volta in volta più evanescente. L'amicizia più volatile.
Adesso hai conosciuto una nuova ragazza, e l'empatia che si è creata tra voi è quasi imbarazzante. Sembra tutto così semplice. Potrebbe essere tutto così facile. Se vogliamo continuare con la metafora del profumo, era da molto tempo che non avvertivi un profumo tanto intenso, così coinvolgente. Ed è proprio questo che ti spaventa: non la paura che possa ferirti (a questo punto, le ci vuole così poco), ma il fatto che più il profumo è forte, più velocemente esso può evaporare. Forse preferiresti conservare questo profumo in una boccetta, da aprire solo di tanto in tanto, per accertarti che ci sia ancora, che sia ancora tanto inebriante. Forse è per questo che hai glissato il suo invito di settimana scorsa, forse è per questo che non ti dispiacerebbe rimandare il vostro incontro della prossima settimana.

4.11.05

denti bianchi lol

Una mattina, mentre ti stai lavando i denti nel bagno di casa, ti accorgi che ci sono almeno una decina di spazzolini nel bicchiere, e nell'appartamento vivete in tre. Così metti da parte il tuo spazzolino e chiedi alle tue coinquiline di fare altrettanto, in modo da poter buttare via tutti gli altri. Salvo che di spazzolini ne rimangono almeno quattro, perché almeno una coinquilina chiede di poter tenere nel bicchiere lo spazzolino del suo ex, che l'ha piantata sei mesi prima.