Arriva da lontano, ma tu te ne accorgi solo quando è ormai lì, al tuo fianco. All'inizio pensi si tratti semplicemente di stanchezza, di desiderio di meritato riposo dopo aver viaggiato e lavorato ininterrottamente per quasi due mesi, ma non è stanchezza se da giorni non trovi interesse in nulla di quello che ti appassiona, neppure per ciò per cui hai aspettato con tanta pazienza di tornare a casa; non è riposo se vai a letto presto la sera, ti svegli tardi la mattina, dormi di pomeriggio e continueresti a dormire se quel dannato telefono non si mettesse a squillare.
Sai che sarebbe arrivato, ma lo aspettavi per agosto. Di solito arriva ad agosto. Adesso no, per favore, hai ancora del lavoro da portare a termine: devi scrivere, ma non riesci a dare colore all'articolo e, in tutta sincerità, non ti interessa scrivere un buon articolo. Hai sempre le membra stanche; l'idea di prepartarti da mangiare viene affrontata come una avventura; ti ritieni fortunato a vivere con un cane, e a non avere un giardino, così da essere costretto a mettere il naso fuori di casa: però sei bravo, non ti limiti a fargli fare una pisciatina davanti al portone, fai lunghe, lunghe passeggiate, ma meglio percorrere le strade dove c'è meno gente; scruti il cielo, alla ricerca di nuvole e nella speranza che si metta a piovere, in modo da poterti dare una scusa per non uscire la sera, per azzerare la tua vita sociale.
Non puoi combatterlo. Dopo tutto, non sei grave: a te, al contrario che ad altri, va e viene, devi solo temporeggiare e aspettare un periodo migliore in cui ti sorprenderai a pensare come era quando sentivi addosso tutta la stanchezza e tutta la solitudine e tutta la vacuità di ciò che ti circonda.