da questo blog è stata tratta una storia vera

10.3.06

a volte sogno di svegliarmi (tre di tre)

La porta di ingresso, rimasta aperta, sbatte contro lo stipide con regolarità; ma per quanto il ripetitivo tum tum tum inizi a darti sui nervi, sai che per il momento è meglio rimanere qui, seduto sul bordo del letto, con una mano appoggiata sulla spalla della tua coinquilina, che sobbalza quando cerca di trattenere una nuova ondata di pianto.
E' stato il suo ragazzo a lasciare aperta la porta dopo essersene andato, anche se, noti subito, non ha portato con se la sua valigia e lo zainetto, quindi è intenzionato a tornare; anche se, verrai a sapere, è semplicemente andato a far visita a degli amici che abitano in città, per poter fare due chiacchiere e "rilassarsi un poco". Sempre per via della porta di ingresso, in casa si è formata una leggera corrente d'aria che fa muovere le tende colorate, le fa muovere in un modo che ti fa venire in mente il lento fluttuare degli anemoni di mare. E sarebbe proprio una bella metafora, se non fosse che il tuo subconscio l'ha pescata pari pari da una canzone che ascoltavi qualche tempo fa.
"Perché?"
Nonostante abbia ancora gli occhi gonfi di lacrime, sembra che la tua coinquilina sia abbastanza calma per iniziare a parlare. Ma le sue prime parole non sono contro il suo ragazzo, e contro il fatto che le ha messo le mani addosso. No.
"Perché tu non lo hai picchiato? Perché succede sempre così?"
Sempre?
"Perché hai detto a me di stare calma, quando era lui quello che era andato fuori di testa? Perché ogni volta è la stessa cosa?"
Ogni volta?
Così, lasciandola sfogare e facendo le domande giuste, scopri che lui la picchia con regolarità e qualche volta le ha lasciato grossi lividi; scopri che questa cosa va avanti da circa tre anni, e la prima volta è accaduta dopo quattro mesi che stavano assieme; scopri che questa volta lui le è saltato addosso dopo che lei, esasperata per la litigata dell'accappatoio, gli ha tirato contro la prima cosa che le è capitata per le mani: una morbida confezione di batuffoli d'ovatta, di quelli che si usano per struccarsi.
Dopo che le hai preparato la colazione, dopo che è andata in bagno per lavarsi la faccia da tutte quelle lacrime, dopo che hai insistito per controllare che non avesse nuovi lividi dove lui la ha colpita, dopo tutto questo lei ti chiede se ti può fare compagnia per il resto della giornata: così ti accompagna in edicola a controllare se sono uscite le ultime pubbicazioni con tue fotografie, e ascolta le telefonate in cui ti lamenti con il grafico per non avere photoshoppato via i flash, o in cui cerchi di convincere il photoeditor che la tua ombra in una foto che non vuole pubblicare, beh, quell'ombra è arte! E quando non sei al telefono, lei ti chiede consigli.
"Cosa devo fare?"
Magari le rispondi raccontandole di quella volta che ti sei rotto la caviglia, e nella sala d'attesa del pronto soccorso c'era questa donna sui quaranta, con un occhio tumefatto, il labbro rotto e le braccia piene di segni, che continuava a giocare, con sguardo vitreo, con la fede nuziale che teneva al dito. E quello che sognava, forse, era di svegliarsi da quello stesso sogno. Quello a cui pensava, forse, era che un giorno avrebbe pensato a tutto questo come a qualcosa di remoto, che sembrava riguardarla appena.
E lei ti dice, sì, sa che la cosa migliore sarebbe lasciarlo, perché non crede che lui potrà mai migliorare.
Ma poi ti dice che lui ha un sacco di qualità, nel loro rapporto non ci sono solo le botte, e poi, lasciarlo ora significherebbe averle prese inutilmente per tutto questo tempo, perché lei nel loro rapporto, per quanto non potrebbe mai spiegare il perché, lei ci crede ancora.
"Forse" continua "forse è tutta colpa mia. Non avrei dovuto tirargli addosso l'ovatta."