da questo blog è stata tratta una storia vera

20.2.06

a volte sogno di svegliarmi (uno di tre)

Forse il tuo lavoro ti tiene lontano da casa per almeno sei mesi l'anno. Forse viaggi parecchio, e per questo non riesci bene a ricordarti quando è stata l'ultima volta che sei stato nello stesso posto per quattro settimane di seguito; e se te lo ricordi, probabilmente non si trattava di casa tua. Forse è anche per questo che, a trent'anni, ancora convivi con altre persone. Gente più giovane di te; studenti, soprattutto. Gente ancora entusiasta di dividere il proprio bagno e la propria cucina con degli sconosciuti. Tu no, entusiasta non lo sei di certo. Ma forse consideri stupido spendere un sacco di soldi per affittare un trilocale in cui abitare da solo per meno della metà del tuo tempo; probabilmente tutti quei soldi neppure li hai. Forse, dopotutto, non ti dispiace tornare da uno dei tuoi viaggi e trovare un po' di vita in casa, poter fare due chiacchiere senza dover andare in quei rumorosi bar del centro.
Forse lavori come responsabile della qualità di una piccola ditta di abbigliamento che ha da poco decentralizzato la produzione. Forse sei la stylist di una rivista di moda. Forse sei il tecnico del suono dell'indie band rivelazione dello scorso anno, e questo è l'anno dei tour. Forse sei un fotografo sportivo. Diciamo che sei un fotografo sportivo.
Così ogni volta che torni a casa devi affrontare la solita routine. Portare tutti i rullini di diapositive in laboratorio per lo sviluppo; trasferire gli scatti in digitale dal portatile al computer fisso con il monitor calibrato per la stampa; ritoccare il ritoccabile; telefonare e riuscire a prenotare la camera oscura per una sessione notturna; ritirare le diapositive dal laboratorio, e portare in fotolitio le fotografie migliori per farle scansionare con lo scanner a tamburo, e premere su qualche azienda affinché compri uno di questi scatti come immagine pubblicitaria;
passare una lunga nottata in camera oscura; fare una prima, seconda, terza e quarta scelta di tutto lo scattato, e inondare di email i photoeditor delle varie riviste; attaccarsi al telefono, al voIP e all'IM per organizzare il prossimo viaggio, controllando simultaneamente il sito con i bollettini neve della Svizzera e i voli low cost per il Portogallo.
Ed è nel bel mezzo di questa routine che ti imbatti nella tua coinquilina, quella nuova. E' nervosa, il suo ragazzo sta arrivando in treno e lei non sa qual'è l'autubus che collega casa vostra alla stazione. Piove, e sorridi del fatto che prendere un taxi è una idea che non la sfiora neppure, squattrinata studentessa fuori sede: piuttosto se la farebbe a piedi. Così ti offri di accompagnarla in auto, dopotutto la camera oscura è sulla strada e tu devi comunque uscire per prendere le tue stampe. Oppure no, non piove. Anzi, è una calda serata di maggio, e sono settimane che hai voglia di felafel e pita con foglie di vite che preparano al take away palestinese dalle parti della stazione: quindi, di nuovo, perché non accompagnarla in auto a prendere il suo ragazzo? Lei ti ringrazia, una volta, due volte, giura che in questi giorni ti prepara qualcosa di squisito e dice molte altre sciocchezze del genere, come se l'avessi salvata da una situazione che non aveva vie d'uscita.
In macchina, lei continua a parlare. Parla se siete intrappolati nel traffico, parla se sfrecciate via veloci con i finestrini abbassati. Parla mentre aspettate il tuo felafel e parla mentre aspettate il treno del suo ragazzo in ritardo. Ti parla del suo prossimo esame, ti parla dell'università, ma soprattutto ti parla del dopo. Ti parla di quando sarà una manager in carriera e parla dei figli che avrà. Avrà una casa con giardino, in una grande città. Avrà un cane, ma niente gatti. O viceversa. Tu non le chiedi come crede di realizzare tutto questo. Non le chiedi se ha un piano, qualche idea, un asso nella manica da tirare fuori al momento giusto. Non lo fai perché sai già che ti guarderebbe con un sorriso sincero e, candidamente, direbbe che non sa come, ma succederà. Non hai bisogno di sentirglielo dire perché questa storia l'hai sentita dalla bocca di tante ragazze della stessa età. Dopotutto, alla loro età neppure tu avevi un piano, e credevi che tutto quello che desideravi ti dovesse spettare.
Quando il treno arriva e dopo che la tua coinquilina scorge tra la folla il suo ragazzo, tu aspetti che terminino il loro lungo bacio prima di presentarti e offrirti per portare la valigia, oppure la borsa. E mentre sistemi i suoi bagagli in auto senti la tua coinquilina:
"Ma quanta cazzo di roba ti sei portato dietro"
con un tono che non le avevi mai sentito usare prima.

1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Ti sta bene.
Perennemente insoddisfatto, sempre alla ricerca di qualcosa che nemmeno tu sai cos'è.
Proprio così, ti sta bene e ti va pure bene così.
Brontoli, ti lamenti sempre...ma alla fine?
Alla fine, giusto per essere ripetitive, ti va bene così.

Ciao caro!

23.2.06

 

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