sto solo facendo il mio lavoro (seconda parte)
Lavorava all'help desk, alle Informazioni, da ormai due anni: pochi mesi prima aveva finalmente firmato il contratto a tempo indeterminato, dopo essersi fatta rinnovare svariati contratti a termine. Aveva un'automobile che, tempo di pagare altre tre rate mensili, sarebbe stata sua a tutti gli effetti. Viveva in quella che poteva definire "casa sua", un appartamento accogliente che condivideva con un'altra ragazza, in modo da poter dividere le spese e l'affitto non certo modico. Nelle ore più tranquille, quando tutti i charter erano decollati, e prima che venissero annunciati i pochi voli intercontinentali che l'aeroporto serviva, in quei momenti senza nulla da fare, la Receptionist si sorprendeva a pensare che la sua vita fosse quasi perfetta.
Quasi.
Le mancava un uomo. Non che desse molto peso alle parole di sua madre, la quale le ricordava quando aveva la sua età, aveva già due figli. Non che fosse in età da maritarsi. Non che le dispiacesse passare da una avventura all'altra, da un uomo all'altro, però, chissà, magari il prossimo poteva anche essere quello giusto.
Una persona che non sgusciasse fuori dalle coperte appena sveglio, o peggio, appena finito di scopare: voleva qualcuno con cui rotolarsi nel piumone nelle giornate di pioggia; qualcuno con cui andare per musei, se non nel weekend, in un qualsiasi giorno della settimana lei non fosse di turno; qualcuno con cui progettare la prossima vacanza. Magari avrebbe mandato via la coinquilina e questa persona si sarebbe trasferita da lei.
In aeroporto era arrivato un nuovo ragazzo, poco più giovane della Receptionist: lavorava lì come inserviente da un paio di mesi, dall'inizio dell'estate; le sue colleghe non gli prestavano molta attenzione, principalmente a causa del suo lavoro, ma la Receptionist lo trovava attraente e, una volta conosciuto, lo aveva scoperto gentile e premuroso. Parlandoci, aveva saputo che era iscritto all'università e che il lavoro di inserviente gli serviva, più che per pagarsi gli studi, per un viaggio oltreoceano. Gentile e premuroso, ma forse troppo timido per fare la prima mossa e invitarla fuori, per vedersi fuori dal lavoro. Forse, avevano suggerito alcune colleghe, non era timido, era semplicemente fidanzato. Ma ancora, nelle loro chiacchierate l'Inserviente non aveva mai accennato a una relazione in corso, per quanto la Receptionist gli avesse dato più occasioni a riguardo.
Quel giorno la Receptionist e l'Inserviente hanno lo stesso turno, e così, quando i viaggiatori non la importunano per sapere a quale cancello sia il loro imbarco, lo segue dall'help desk con lo sguardo, mentre svolge le sue solite mansioni. Sta svuotando i cestini dei rifiuti nell'area d'aspetto quando si avvicina a un ciccione che dorme sulle proprie valigie; rivolge al Ciccione qualche parola, per poi chinarsi su di lui. Si rialza e si dirige verso di lei, verso l'help desk. Vedendolo arrivare, la Receptionst gli prepara il suo miglior sorriso, gli occhi scintillanti e gli angoli della bocca maliziosi. Ma il sorriso si blocca a metà, in una strana smorfia, nel vedere un'espressione dura nel volto dell'Inserviente. E nel sentire la sua voce ferma.
"Chiama il 118 dell'aeroporto: il tizio laggiù è morto".
Quasi.
Le mancava un uomo. Non che desse molto peso alle parole di sua madre, la quale le ricordava quando aveva la sua età, aveva già due figli. Non che fosse in età da maritarsi. Non che le dispiacesse passare da una avventura all'altra, da un uomo all'altro, però, chissà, magari il prossimo poteva anche essere quello giusto.
Una persona che non sgusciasse fuori dalle coperte appena sveglio, o peggio, appena finito di scopare: voleva qualcuno con cui rotolarsi nel piumone nelle giornate di pioggia; qualcuno con cui andare per musei, se non nel weekend, in un qualsiasi giorno della settimana lei non fosse di turno; qualcuno con cui progettare la prossima vacanza. Magari avrebbe mandato via la coinquilina e questa persona si sarebbe trasferita da lei.
In aeroporto era arrivato un nuovo ragazzo, poco più giovane della Receptionist: lavorava lì come inserviente da un paio di mesi, dall'inizio dell'estate; le sue colleghe non gli prestavano molta attenzione, principalmente a causa del suo lavoro, ma la Receptionist lo trovava attraente e, una volta conosciuto, lo aveva scoperto gentile e premuroso. Parlandoci, aveva saputo che era iscritto all'università e che il lavoro di inserviente gli serviva, più che per pagarsi gli studi, per un viaggio oltreoceano. Gentile e premuroso, ma forse troppo timido per fare la prima mossa e invitarla fuori, per vedersi fuori dal lavoro. Forse, avevano suggerito alcune colleghe, non era timido, era semplicemente fidanzato. Ma ancora, nelle loro chiacchierate l'Inserviente non aveva mai accennato a una relazione in corso, per quanto la Receptionist gli avesse dato più occasioni a riguardo.
Quel giorno la Receptionist e l'Inserviente hanno lo stesso turno, e così, quando i viaggiatori non la importunano per sapere a quale cancello sia il loro imbarco, lo segue dall'help desk con lo sguardo, mentre svolge le sue solite mansioni. Sta svuotando i cestini dei rifiuti nell'area d'aspetto quando si avvicina a un ciccione che dorme sulle proprie valigie; rivolge al Ciccione qualche parola, per poi chinarsi su di lui. Si rialza e si dirige verso di lei, verso l'help desk. Vedendolo arrivare, la Receptionst gli prepara il suo miglior sorriso, gli occhi scintillanti e gli angoli della bocca maliziosi. Ma il sorriso si blocca a metà, in una strana smorfia, nel vedere un'espressione dura nel volto dell'Inserviente. E nel sentire la sua voce ferma.
"Chiama il 118 dell'aeroporto: il tizio laggiù è morto".
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